Anche noto come Star Wars: Andor.
Anche anche noto come Disney presenta: Star Wars: Andor.
Anche anche anche noto come vabbè basta. La domanda che tutti voi, cari Sumeri, vi starete certamente ponendo, è la seguente: ma come ti è passato nell’anticamera daa capoccia di sorbirti uno sceneggiato di Guerre Stellari targato Disney?
Ebbene, sarò sincero: non l’avrei mai fatto, se non fosse stato per mio cugino. La conversazione è andata più o meno così:
Cugino: “Oh, ma tu hai Disney Plus! Se non l’hai ancora vista, sai che serie ti consiglio? Andor!”
Io: “Sarebbe…?”
Cugino: “E’ una serie di Star Wars, belliss…”
Io: (vomito sul marciapiede)
Cugino: “Ok, siamo tutti d’accordo che gli unici veri Star Wars sono Episodio IV, L’Impero Colpisce Ancora e Il Ritorno dello Jedi.”
Io: “Infatti.”
Cugino: “Però guarda che Andor è bella! In pratica racconta della ribellione all’inizio, prima di Luke, Leia, ecc. Poi la storia ti prende molto, fidati.”
Ecco, il punto è questo: faccio fatica a fidarmi di mio cugino.
Il 50% delle volte mi suggerisce delle robe fenomenali; il 50% delle cacate con la doppia c.
Il suo film preferito è quella ciofeca di Interstellar; ma, se non fosse stato per lui, non avrei mai dato mezza chance a Boris, la miglior serie TV mai creata (Breaking Bad può fare fagotto*).
Decido di sottoporlo al…
…TEST FINALE:
Io: “Per caso, Andor è una serie tipo… MANDALORIAN (orian orian orian)???”
Cugino: “No, Mandalorian è una merda soporifera.”
Io: “Grazie, Cugino” (e grazie, Dio Onnipotente, per aver allineato i nostri gusti una volta nella vita). “Allora mi vedrò Andor!”
E così, ho visto Andor.
Fino in fondor**.
Terminate le tre settimane che ci mettiamo a vedere una serie da 12 episodi da 40 minuti l’uno (tutto il contrario del binge watching), io e mia moglie ci siamo guardati, ponendoci la fatidica domanda: “Perché?“
Con questo, non voglio dire che sia una serie malvagia o fatta male. Solo che ci sono, come dire, alcuni elementi che stonano con il nostro gusto personale; e altri elementi che invece, mi sento coraggiosamente di dire, sono errori tecnici oggettivi.
Riporterò qui di seguito e gli uni e gli altri, in una mastodontica matassa caotica e flussodicoscienzica.
1. Perché deve essere tutto così serio?
Tutti sono seri.
Nessuno ride.
I personaggi parlano seri.
Altri personaggi rispondono seri.
Tutti sono amareggiati. Tutti hanno sacrificato moltissimo per la ribellione. Tutti hanno tensioni aperte con tutti gli altri.
Vedete, il problema principale è che, se questa è l’umanità per cui dovrebbe valere la pena ribellarsi al Potere schiacciante dell’Impero, un osservatore (anche non troppo) attento non può che finire per porsi la domanda: ma a questo punto, perché non ci ammazziamo tutti, e buonanotte ad Andor, all’Impero, alla ribellione?
Non c’è alcun gruppo di amici che ridono, alcun convivio che sprigiona la gioia della libertà interiore; non emergono momenti di letizia, amori liberanti, esperienze di persone inebriate dalla grandezza cosmica.
Perché, fondamentalmente, la contrapposizione nello Star Wars originale era la seguente: il Potere schiacciante dell’Impero contro un pugno di picareschi personaggi, che avevano dalla loro parte la benevolenza dello Spirito Cosmico, la trascendenza che nutriva le loro anime di un’allegria inestinguibile.
Senza la Forza (sì, in Andor non è MAI menzionata la Forza!), cosa rimane?
Beh, rimane esattamente il valore che traina per i capelli la nostra attuale società nichilistica: puro materialismo, nudo, deprimente e disperante.
E, da questa insipida zuppa di Niente e Materia, un solo amaro sapore fuoriesce, fioco faro di pragmatismo affatto ispirante: il Potere.
L’unica motivazione che lega questa masnada stracciata di ribelli pieni di dubbi e sospetti, tutti pronti a puntarsi vicendevolmente il coltello (laser) alla gola, è la stessa dell’Impero: il Potere.
Andando all’osso, i ribelli rosicano perché l’Impero ha tolto loro il Potere di fare quello che vogliono; e quindi devono lottare al fine di riappropriarsi proprio del Potere, per renderlo possibilmente equidistribuito, in un sogno leninista-marxista gentilmente offertoci da un’azienda che nel 2017 ha fatturato 59,43 miliardi di dollari.
Chi percepisce la vita come puro Potere, in effetti, non riesce a concepire altre motivazioni che conducano all’azione. Andor, in questo, è un prodotto figlio del suo (e nostro) tempo storico.
Il problema è che chi concepisce la vita come pura lotta per il Potere è già egli stesso schiavo del Potere che è in lui. Questa verità è nascosta ai leccapiedi incravattati (se non fisicamente, almeno spiritualmente) dei corridoi della Disney, come della Netflix, come di Google, come di qualunque grande istituzione di Potere che al giorno d’oggi presuppone ipocritamente di insegnarci come esercitare la nostra libertà.
Pertanto, questi poveri ribelli ammusoniti starebbero lottando per una libertà che essi, anche se dovessero vincere la guerra, non potrebbero mai possedere!
Perché, chi concepisce la vita come Potere (e non come gioiosa comunione di uomini e donne in trepidante ascolto di un personale e misterioso Mistero cosmico), è destinato a rimanere interiormente schiavo del Potere per tutta la vita.
2. “Amore” lesbico interrazziale deprimente
Dove per “Amore” tra virgolette non si intende il sesso, ma proprio l’amore senza amore.
La bionda inizialmente tutta ribellona e poi (dalla puntata n.7 in poi) perfettina pettinatina (anche se evidentemente controvoglia perché era una copertura); e l’indopakistana che parla poco e quando parla è tutta seriosa e dedita alla Causa.
Queste due squinzie contribuiscono utilmente alla storia quanto due sassi che rotolano (senza toccarsi) sullo sfondo nel deserto di Tatooine; e dei suddetti sassi possiedono tutta la gamma di espressioni, le motivazioni e la sensualità.
Ora, io capisco che per restare a galla nella fogna politicamente corretta che sono questi erogatori sinistroidi americani di entertainment televisivo è necessario che gli scrittori e i registi, a fine giornata, appongano crocette su vaste checkbox burocratiche, a voci del tipo “Coppia omo”, “Epidermidi di tonalità marrone chiaro” ed “Epidermidi di tonalità marrone scuro”.
Ma, caro il mio censore alfabetico: ora che hai inserito (di fatto) nella trama questa coppia, me la vuoi comunicare una qualche tenerezza? Un qualche affetto?
PERCHE’ stanno insieme queste due?!?!?!?! AAAAAAARGHHHHHHHH!!!!!!!!!
Ma è ciò che dovevamo tutti aspettarci: in un contesto in cui ormai nessun amore è puro e gioioso (quand’è l’ultima volta che hanno rappresentato una coppia felice in uno di questi film?), la rappresentazione ideologica e forzosa di una coppia di donne sarà anch’essa superficiale ed innaturale.
E soprattutto, delle vere lesbiche mancano i tratti costraddintivi primari: ovvero, i piercing e i capelli corti! (E’ così, ho fatto una ricerca approfondita su varie riviste di settore). No lunghi e vaporosi! Ma che siamo scemi? Che siamo sul Pianeta L’Oréal?
3. Parliamo di una cosa “buona”: l’Impero
Intervalliamo la lista di cose negative con qualcosa di riuscito; perché in Andor ci sono anche cose buone.
Il fatto di aver rappresentato l’Impero con la crudeltà giusta è un aspetto valido di questa soap opera spaziale; come il fatto di aver inserito nell’Impero persone con motivazioni profonde, aspetto che trascende la pura crudeltà bidimensionale spesso rappresentata in questi film.
L’Impero si è dato un’organizzazione interna, l’ISB (una specie di KGB sovietica), deputata a scovare i dissenzienti e trattarli male male (ma proprio male). La tizia bionda imperiale che fa l’agente dell’ISB, votata alla causa imperiale e completamente cervellolavata, mi è piaciuta un sacco. A onor del vero, faceva un po’ ridere la sua espressione maligna un filino stereotipata con il mento aggrottato; ma la sua insicurezza iniziale (e finale) erano aspetti molto ben trattati di questa serie.
Oddio, poi c’è la scena in cui la suddetta tizia bionda tortura l’ex amante del protagonista.
Nuove vette dell’emancipazione femminile: adesso la scena di tortura nei film la fanno tra donne.
Una professione, quella della torturatrice, in cui il gentil sesso è del tutto sottorappresentato, e che beneficerebbe dell’introduzione di quote rosa; è d’accordo con me anche questo caro buontempone americano.
4. Altra cosa buona: il carcere imperiale
Ok, la dirò tutta: gli episodi della prigione imperiale erano eccellenti; per quanto mi riguarda, l’unico aspetto completamente emozionante di questa serie, senza stonature.
Mi è capitato di guardare le scene ed immergermi nel dolore dei carcerati, sperando fortissimamente che riuscissero nell’intento disperato di fuggire da quel posto orribile.
Forse tale sentimento era rinforzato dalla mia cognizione delle atroci sofferenze in cui riversano tante persone al giorno d’oggi nelle dittature di mezzo mondo, di cui la prigione imperiale di Andor è solo una pallida evocazione romanzata. (Se siete in vena di consapevolezza su questo tema, potete cominciare ad informarvi qui o qui o qui o uscendo dalla caverna su Marte in cui avete vissuto finora).
Anche a fronte di ciò, ho guardato queste (uniche) tre avvincenti puntate di Andor con un misto di cordoglio e senso di colpa, perché permettevo ad una narrazione sul tema “schiavitù e libertà” di sostituire e sublimare una spinta alla lotta per la libertà che mi sento in dovere di perseguire personalmente, almeno in forma divulgativa. Non so se si capisce cosa io stia tentando di dire; in caso contrario, continuate pure a leggere il post, e lasciate perdere questo mio pensiero contorto.
Prima di passare al punto successivo, e tentando di spoilerare il meno possibile, devo assolutamente nominare un elemento intelligentissimo, ovvero: come funziona la prigione.
Il protagonista si trova costretto a collaborare con sei sconosciuti, per costruire macchinari per l’Impero il più in fretta possibile. Se non si sbrigano, rischiano di essere l’ultima delle sette squadre che lavora nello stanzone assegnato; la punizione per l’ultima squadra è una tremenda tortura collettiva a base di elettroshock.
Questa idea terrificante e geniale è portata al livello successivo: a loro volta, le sette squadre formano un “turno” di 50 prigionieri-lavoratori (7 squadre da 7 più un capo-turno), che compete ogni giorno contro sei altri turni da 50 prigionieri, per un totale di 350 cristiani inchiodati in un infernale incubo di cannibalizzazione reciproca. Il capo-turno perdente riceve delle punizioni che adesso non mi interessa dettagliare; ciò che ho trovato estremamente interessante era il concetto profondamente capitalistico della prigione. Tutti contro tutti, a lottare per non farsi torturare, e soprattutto (soprattutto): non c’è alcun livello accettabile di performance sopra al quale tutti siano certi di non subire la tortura. L’unico indicatore è relativo! L’ultima squadra sarà torturata, punto e basta, anche se quel giorno ha prodotto una quantità spropositata di macchinari.
Mi è venuto in mente l’indicatore assolutamente relativo di benessere della nostra società: chi non produce una quantità di lavoro relativo in grado di procurare beni di lusso superiori al 20% inferiore della società, è relegato nel 20% inferiore della società.
5. Il finale di stagione
Chiudiamo l’attenta e oggettiva analisi portata avanti finora sbilanciandoci nuovamente nel campo degli aspetti negativi di Andor, e parlando in particolare del finale di stagione.
Per dirla nel modo più diplomatico possibile: Il finale di stagione fa schifo.
Tutti i fili narrativi restano appesi, oppure si risolvono con uno o più deus ex machina. Le sottotrame non si intrecciano tra loro. Tutto va a caso. Nessun avvenimento redime la (poca) aspettativa che riponevo nella risoluzione finale.
Raramente un finale di stagione mi ha soddisfatto meno di questo guazzabuglio di cose che succedono, senza capo né coda.
Forse i fili narrativi ancora aperti si risolveranno in Andor 2? Boh.
Una cosa però è certa: cari miei Sumeri, non credete a chi vi dice che questo finale di stagione è conclusivo e soddisfacente. Egli o ella mente; quel ch’è peggio, egli o ella potrebbe rientrare nella disarmantemente vasta categoria di persone intelligenti che apprezzano film e serie mediocri, un club popolato da tanti miei conoscenti, dal numero di iscritti talmente ingente che non riesco a capacitarmene, e su cui scriverò certamente un articolo che farà finire in rissa il prossimo cenone di Natale.
Al di là delle varie mie critiche, che, mi sento di dire, non dovete mai prendere troppo sul serio (in quanto si sa che io sono cojone), devo puntualizzare che un aspetto positivo c’è stato: quest’episodio era talmente insoddisfacente da farmi quasi addormentare per un buon paio di minuti.
Cosa mi ha riportato all’attenzione da questo dormiveglia? Forse un colpo di scena avvincente? Se vabbè.
No, cari Sumeri: mi sono risvegliato, e ho ADDIRITTURA messo in pausa Andor, in quanto mi è venuta un’illuminazione talmente sorprendente che mi sono sentito tutto intelligentissimo.
Essa (l’illuminazione) costituisce una possibile risposta alla domanda: perché siamo così fissati con i robot, oggi come oggi? Perché da qualche decennio alla nostra cultura piace tantissimo vedere film che ritraggono e rappresentano umanoidi metallici, che si muovono ed agiscono in base a dettami algoritmici, ma che (guarda caso) anno dopo anno vengono rappresentati in maniera sempre più profondamente umana, con tutti quei tratti caratteristici dell’essere umano tipo emozioni, sensibilità, altruismo, eccetera?
La risposta potrebbe essere la seguente: la nostra cultura è fissata coi robot (e con l’umanizzazione dei robot), perché noi ci sentiamo un po’ robot. Un punto di vista filosofico deterministico e fatalistico, unitamente alla (secondo me) grande crisi del libero arbitrio in Occidente, ci fanno sentire tutti un po’ robot; e allora il robot ci affascina, e vogliamo delle storie in cui personaggi robotici ci facciano sorridere e commuovere, perché sotto sotto desideriamo noi stessi, robot inconsapevoli, essere in grado di sorridere e commuoverci.
6. Conclusione
Quindi, in conclusione, le tre cose migliori/salvabili di Andor sono le seguenti:
- L’Impero infame (ma anche un po’ umanizzato)
- Il carcere terrificante
- La mia idea geniale sui robot che mi è venuta dormendo
Per il resto, mi dispiace Maria, per me è no.
(*Anche se Breaking Bad non l’ho mai vista)
(**Badum tsss)